L’anno che a Roma fu due volte Natale – Roberto Venturini
Difficilmente pubblico recensioni negative: se un libro non mi piace, penso sempre che possa dipendere dal mio gusto personale, quindi non ne parlo (soprattutto se si tratta di autori emergenti) e, una volta finito, lo lascio sulla mensola alta della libreria.
L’anno che a Roma fu due volte Natale, però, è tra i dodici candidati al Premio Strega di quest’anno e quindi qualcosa devo dire…
Un esercizio di stile
Partiamo dall’idea che mi sembra più un esercizio di stile che un romanzo.
Roberto Venturini gioca a creare situazioni grottesche e paradossali e lo sottolinea con una trama improbabile ed uno stile volutamente sgangherato che ricordano molto da vicino gli oggetti accumulati in maniera compulsiva in casa di Alfreda.
Per capirci passiamo da “er moscione” a “cinetosi” e “dismorfofobia”, dagli attori che una volta frequentavano il Villaggio Tognazzi a Torvaianica, ad Alfreda che ora vive tra i suoi stessi rifiuti e che rischia di essere allontanata dall’ufficio d’igiene.
ma quante ne sai?
L’idea, secondo me, ci poteva anche stare, forse il problema è che è stata tirata un po’ troppo per le lunghe.
Le digressioni sono infinite e sembrano solo voler sottolineare “quante ne sa” l’autore, piuttosto che dare effettiva profondità al romanzo.
Sia che si parli di attori famosi o di pubblicità degli anni Ottanta, come dei segreti della frittura di pesce o di come si rolla una canna, lo scopo sembra sempre quello di dare sfoggio delle proprie conoscenze, piuttosto che di raccontare una storia.
avanti veloce
Ho fatto fatica ad arrivare alla fine di L’anno che a Roma fu due volte Natale, e non nascondo che in molti passaggi ho attivato la modalità: “lettura veloce”, saltando i paragrafi alla ricerca del filo del discorso.
Troppa Roma nello Strega?
Un altro motivo per cui forse mi sono un po’ annoiata con questo romanzo è che è l’ennesimo ambientato nella zona attorno a Roma: tutta questa “sovraesposizione” letteraria (anche tra gli stessi i libri candidati al Premio Strega) alla lunga stanca un po’.