“Il cardellino”: il dipinto, il romanzo, il film
“Il cardellino” (“The Goldfinch”) è il romanzo con cui Donna Tartt ha vinto il premio Pulizer nel 2014, ma Il Cardellino è anche – e prima ancora – il celebre dipinto del 1654 di Carel Fabritius, oggi esposto nel museo Mauritshuis a L’Aia.
Abbiamo già parlato di arte con i romanzi su Frida Kahlo e Caravaggio, ma questa volta non si tratta di una biografia romanzata: “Il cardellino” è un romanzo a tutti gli effetti: quasi novecento pagine che filano via veloci tra le strade di New York, Las Vegas e Amsterdam.
Capitoli brevi, trama appassionante, buoni riferimenti artistici: “Il cardellino” è il libro adatto da mettere in valigia o da leggere in viaggio.
La trama
Theo Decker ha tredici anni quando rimane coinvolto nell’attentato al Metropolitan Museum di New York in cui perde la madre. Dopo l’esplosione, ancora sotto shock, si ritrova a sottrarre (o a salvare) dalle macerie il dipinto del Cardellino di Fabritius che lo accompagnerà come un talismano durante tutta la sua vita.
Travolto dal senso di colpa, e abbandonato al suo dolore, Theo dovrà trovare da solo la strada da seguire per sopravvivere in un mondo di adulti incapaci di prendersi cura di lui.
Se vuoi iniziare a sfogliarlo, ti lascio l’anteprima
Il libro e il quadro
Carel Fabritius, uno degli artisti più promettenti della sua epoca, muore in un’esplosione nel 1654, poco dopo aver terminato di dipingere il suo Cardellino. Il parallelismo con la morte della madre di Theo non penso sia casuale, proprio come il fatto che il bambino e il quadro escano insieme dal museo, apparentemente indenni, coperti di polvere e abbandonati alla loro sorte di “orfani”.
Come il Cardellino di Fabritius, anche Theo si ritrova legato, imprigionato nella sua storia e nelle sue scelte autodistruttive, e prendersi cura di quell’uccellino in cattività diventerà per lui quasi un’ossessione.
Il film
Come dicevo “Il cardellino” è un libro che ti tiene incollato alle pagine, niente di scontato o prevedibile e, allo stesso tempo, drammaticamente crudo e diretto.
Purtroppo, ben poco di tutto questo si trova del film del 2019 che invece risulta lento e poco coinvolgente. Sono riuscita a seguirlo nonostante i continui flashback perché conoscevo la trama (a dire il vero, piuttosto ben rispettata). Si salvano il personaggio di Boris che dà una sferzata di energia ed è interpretato meravigliosamente prima da Finn Wolfhard (Strangers Things) e poi da Aneurin Barnard, e la signora Barbour interpretata con algida classe da Nicole Kidman.
Grande – grandissimo – assente nel film proprio il Cardellino di Fabritius, protagonista silenzioso ma assolutamente “presente” in ogni pagina del romanzo di cui diventa il filo conduttore. È proprio il dipinto che stabilisce la linea di confine e allo stesso tempo il collegamento tra il “prima” e il “dopo”, spiegando così il legame morboso di Theo.
Il film non penso sia mai arrivato nelle sale, ma è ancora reperibile in streaming. Se vuoi dargli un’occhiata, ti lascio il trailer ufficiale