Silent book: cosa sono e quali “non leggere”
Che cos’è un Silent book? Io l’ho scoperto per caso: è un libro silenzioso, un libro che non si legge.
Inutile dire che questa cosa mi ha intrigato subito e ho iniziato a fare qualche ricerca.
Il concetto di per sé è piuttosto semplice: un Silent book è un libro di sole immagini, sono cioè le illustrazioni che raccontano la storia e non il testo.
Li abbiamo avuti tutti da piccoli, erano quei libri pieni di disegni colorati e stava a noi inventare la storia, magari con l’aiuto di mamma e papà.
Silent book: un libro oltre i confini
Ora però non sono più libri solo per bambini, ora sono racconti di avventura, biografie, fantasy, romance… e sono, per loro natura, assolutamente interculturali: non ci sono barriere linguistiche. Lo stesso libro può essere “letto” in Italia come in Cina o in Australia e, chissà, forse anche le interpretazioni saranno diverse.
Ad esempio a Lampedusa c’è una sezione della Biblioteca comunale che raccoglie i migliori silent book che siano stati pubblicati e sono a completa disposizione dei mille ragazzi che vivono in questa terra di confine. Si tratta del progetto “Libri senza parole: destinazione Lampedusa” di IBBY (International Board on Book for Young people) Se volete saperne di più, questa è la loro pagina Facebook https://www.facebook.com/BiblioLampedusa/
Da dove iniziare
Ma torniamo ai libri: l’aspetto dei Silent book è quello delle Graphic Novel (e ahimè anche il prezzo), i disegni possono essere a colori, schizzi a matita o acquerelli.
Se fate una ricerca online, tra i più proposti c’è “The Arrival” di Shaun Tan. In Italia è pubblicato da Tunué con il titolo “L’Approdo” e racconta la storia di un uomo costretto a lasciare la sua terra e la sua famiglia per intraprendere un viaggio verso un paese sconosciuto. Non l’ho letto, ma vi lascio volentieri la pagina di presentazione del libro direttamente dal sito dell’editore.
Io invece ho letto (se così si può dire) “Beatrice un amore senza tempo” di Joris Mertens, sempre pubblicato da Tunué.
La trama è del tutto diversa: Beatrice fa la commessa in un grande magazzino, la sua è una vita tranquilla e monotona, fino a quando un giorno, alla stazione, trova una borsa rossa abbandonata. La porta a casa e all’interno trova un album di vecchie fotografie sgranate. Incuriosita, ne ripercorre i luoghi fino a quando si ritrova catapultata nella vita della donna ritratta nelle foto.
Ora, sinceramente, non lo so se mi è piaciuto: la mancanza di testo lo ha reso molto “bidimensionale”: ho trovato una mancanza di profondità. Va bene la trama, ma mi manca l’anima.
Non so se è una cosa che può dipendere dal genere, o da questo libro in particolare, per questo in futuro penso di ripetere l’esperimento, magari proprio con “L’Approdo”.
Nel frattempo vi lascio la pagina di “Beatrice“, così, se volete, potete iniziare a conoscerla anche voi.