Una cosa divertente che non farò mai più
Recensione

“Una cosa divertente che non farò mai più” 

Cosa succede quando uno degli scrittori più brillanti e cinici della letteratura contemporanea decide di esplorare il mondo patinato delle crociere di lusso?

Quando si sente parlare di “Una cosa divertente che non farò mai più”, ci si aspetta una lettura leggera e comica, in realtà David Foster Wallace riesce a trasformare quella che potrebbe essere una situazione banale in un’analisi inquietante della condizione umana.

Il reportage 

Pubblicato nel numero di gennaio del 1996 sulla rivista Harper’s Magazine con il titolo Shipping Out On the (nearly lethal) comforts of a luxury cruise “Una cosa divertente che non farò mai più” è un “reportage narrativo”, e qui iniziano già i primi problemi: non è un romanzo o un’opera di narrativa, ma un vero e proprio “diario” di viaggio: senza colpi di scena o lieto fine: solo una fotografia della vita a bordo 7NC Celebrity Cruise

Se lo volete leggere è qui:

Il libro

L’anno successivo lo stesso articolo viene rieditato e pubblicato all’interno della raccolta di saggi di Wallace: “A supposedly fun thing I’ll never do again”. Solo nella versione italiana, apparirà come opera singola, mantenendo il titolo della raccolta, mentre gli altri racconti verranno pubblicati (sempre dalla Minimum Fax) in “Tennis, tv, trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più)”

Presentando il reportage, nelle prime pagine Wallace scrive:

“Questa volta Harper’s ha sganciato più di tremila dollari senza aver letto neanche una delle mie succose descrizioni ipnotico-sensoriali. […] Dicono che tutto quello che vogliono è una specie di cartolina turistica gigante scritta da uno che ci è stato – vai, ti fai i Caraibi alla grande, torni e racconti quello che hai visto”. 

E quello che ha visto lo scrive davvero molto minuziosamente:

Ho visto un sacco di navi bianche veramente enormi. Ho visto frotte di pesciolini con le pinne luccicanti. Ho visto un parrucchino in testa a un ragazzo di tredici anni. (Ai pesci luccicanti piaceva ammucchiarsi tra la carena e il cemento delle banchine ogni volta che attraccavamo.) Ho visto la costa settentrionale della Giamaica (…)”

«Ho visto cose che voi umani

Ad una lettura un po’ annoiata, si può rischiare di desistere di fronte a questo lungo elenco, ma suggerisco caldamente di continuare, perché ci vogliono almeno le prime trenta pagine per riuscire a salpare e godersi il viaggio.

L’ironia e il sarcasmo sono pungenti, in alcuni punti mi è sembrato di rileggere “Tre uomini in barca” di Jerome K Jerome (adoro). Ho trovato geniali le note a piè di pagina: un vero viaggio mentale tra i pensieri contorti dell’autore: puoi saltarle ma “godresti solo a metà”.

Il capolavoro di comicità

“Una cosa divertente che non farò mai più” è definito come un “capolavoro di comicità”. Trovo questa definizione un po’ superficiale e rischia di creare aspettative nel lettore che poi vengono disattese.

Innanzitutto, non è un libro comico. Come dicevo è un diario di viaggio e quindi non ci si può aspettare quello svolgimento della trama che può avere un romanzo: non “succede” niente, non ci sono colpi di scena, ma soprattutto non è “comico”. È un reportage ed è scritto per un pubblico, quindi ha una prosa e un ritmo accattivanti, ma non “fa ridere”. Ha sempre quel brusio di fondo di malinconia misto a disagio che accompagna l’autore durante tutta la crociera.

Le sue riflessioni sul fatto che ci si debba divertire a tutti i costi, perché ci sono “esperti professionisti” che se ne occuperanno, lo fanno sentire in trappola, così come i “sorrisi professionali” di tutto il personale.

 Una cosa divertente è a tutti gli effetti un saggio antropologico che racconta, sempre con simulata leggerezza, l’attenzione esasperate delle apparenze, la ferocia del turismo di massa, il male di vivere

A bordo della Nadir – soprattutto la notte, quando il divertimento organizzato, le rassicurazioni e il rumore dell’allegria cessavano – io mi sentivo disperato. Ormai è una parola abusata e banale, disperata, ma è una parola seria, e la sto usando seriamente. Per me indica una semplice combinazione – uno strano desiderio di morte, mescolato a un disarmante senso di piccolezza e funzionalità che si presenta come paura della morte. Forse si avvicina a quello che la gente chiama terrore o angoscia. Ma non è neanche questo. E’ più come avere il desiderio di morire per sfuggire alla sensazione insopportabile di prendere coscienza di quanto si è piccoli e deboli ed egoisti e destinati senza alcun dubbio alla morte. E viene voglia di buttarsi giù dalla nave.

e tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia.

È tempo di morire».

L’autore

Ho cercato David Foster Wallace online e mi si è aperto un mondo (inutile dire che anche la mia carta di credito ne ha risentito)

Sono partita dal film “The End of the Tour – Un viaggio con David Foster Wallace”.

Dopo la pubblicazione di “Infinite Jest”, nel 1996 David Lipsky giornalista di Rolling Stone convince il suo direttore a commissionargli un articolo su DFW, che in quel momento era all’apice del suo successo. Lo segue così per cinque giorni nel suo tour di promozione del libro, armato di pazienza e di un registratore portatile («Just me and tape recorder»).

Di nuovo il reportage di un viaggio, di nuovo situazioni paradossali, ma questa volta il “nadiriano” è Wallace. E troviamo tutto il suo disagio e la sua fragilità, ed è così lontano dall’immagine che ci eravamo fatti di lui leggendo “Una cosa divertente” che quasi siamo lì lì per riprendere in mano il libro perché in realtà non avevamo capito niente.

L’articolo su Rolling Stone non uscirà mai, ma alla morte di Wallace, Lipsky va alla ricerca del suo vecchio registratore e riporterà tutte le loro conversazioni nel libro “Come diventare sé stessi. David Foster Wallace si racconta” (ancora Minimum Fax).

Ovviamente ho comprato sia “Infinite Jest” (questa volta Einaudi, milletrecento pagine!) che “Come diventare sé stessi” e quanto prima (si fa per dire) vi farò sapere se vale la pena leggerli.

Nel frattempo, vi lascio come sempre l’anteprima di “Una cosa divertente”, il trailer del film “The End of the Tour” e, se andate un po’ di fretta, il link all’audiolibro (gratuito).

Ora non vi resta che salpare e raccontarmi nei commenti come è stato il viaggio.

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